L’integrazione passa anche dalla scuola!
La scuola svolge un ruolo fondamentale nel processo integrativo sia per i minori che per le loro famiglie. L’équipe educativa di Progetto Itaca opta sempre per inserire, quanto prima possibile, i minori accolti, grazie al progetto di accoglienza diffusa che gestisce, nelle scuole di qualsiasi ordine e grado; questo per ristabilire una continuità con lo stile di vita precedente per quei minori che andavano già a scuola nel paese d’origine e per creare una routine quotidiana nei neo inserimenti.
Si ricercano, contattano e incontrano scuole di piccole dimensioni e con una propensione alla valorizzazione dei bambini/ragazzi e alla costruzione di progetti educativi e, quindi, magari una divisione in gruppi per brevi periodi per supportare specifici apprendimenti. Si spera, comunque, nell’inserimento dei minori richiedenti asilo all’interno delle normali classi scolastiche evitando la costruzione di luoghi di apprendimento separati ovviando, così, la creazione di mondi culturali autonomi e promuovendo il confronto e il dialogo per rendere possibile e felice la convivenza.
In primis, davanti a tutto, e questo vale anche per i richiedenti asilo politico adulti accolti, c’è l’acquisizione e l’apprendimento della lingua italiana, che è il fondamento essenziale per perseguire lo scopo integrativo: capire, essere capiti, partecipare e sentirsi parte della comunità. Sarebbe, quindi, importante che la scuola coinvolgesse la famiglia dello studente dal momento dell’accoglienza e durante l’anno scolastico sostenendo una sua partecipazione attiva, che sarebbe, anche, un plus valore da tener presente durante l’iter burocratico di riconoscimento del diritto d’asilo. La famiglia in questo modo si troverebbe catapultata in abitudini e usi comuni italiani e troverebbe anche una rete d’appoggio nel difficile percorso culturale che le si presenta per mezzo del viaggio migratorio: mantenere la propria identità e assorbire una nuova cultura.
In Progetto Itaca proviamo a rendere autonome le mamme nella gestione degli orari scolastici, le supportiamo nell’attività dei compiti a casa e le consigliamo di far aderire, il più possibile, i loro figli ai momenti di svago esterni all’ambito scolastico, come le feste di compleanno, per andare a creare, per tutti, un contesto sociale favorevole all’inserimento. Importante, ovviamente, è un’iniziale fase di mediazione e una successiva fase di supporto sia da parte del centro di accoglienza sia per mezzo del personale scolastico.
La famiglia dovrebbe essere, a sua volta, luogo centrale di integrazione e favorire la possibilità di aprirsi e di conoscere. Se l’adulto straniero è chiuso e ripiegato verso se stesso influirà negativamente sull’integrazione dei propri figli e porterà gli stessi a una temporanea negazione della propria appartenenza culturale, perché, da che mondo è mondo, i bambini non vogliono sentirsi diversi, vogliono essere accettati e visti naturalmente come bambini.
L’ideale è supportare i minori nella creazione di relazioni interculturali, per via delle quali possano riconoscere la loro storia e la loro identità e farla conoscere all’altro, evitando, però, l’etichettamento culturale e favorendo il dialogo. Il processo non è affatto semplice, in quanto presumibilmente la presenza di immigrati nella scuola può attivare meccanismi intrinseci di difesa, supportati da stereotipi e pregiudizi. L’educazione interculturale è un’educazione alla diversità e dovrebbe favorire lo star bene a scuola in naturalezza e auspicare a:
- fornire informazioni per mostrare tutti i punti di vista che caratterizzano una situazione;
- agire sul piano affettivo e relazionale attraverso, ad esempio, il contatto e la condivisione di esperienze o l’apprendimento creativo della lingua italiana. Su questo punto, nel nostro territorio, abbiamo il lodevole esempio della scuola “F. Filzi” di Bonacina di Lecco, che di sua iniziativa ha allestito un laboratorio di inclusione per supportare alcuni bambini immigrati inseriti all’interno delle loro classi. Per saperne di +!
Il primo impatto sappiamo che è molto importante e, quindi, la cura con cui la classe viene preparata ad accogliere il nuovo alunno straniero è fondamentale. Qui è di primaria importanza l’inflessione che l’insegnate darà all’inserimento, cosa racconterà e come preparerà la classe. Noi di Progetto Itaca cerchiamo di relazionarci al meglio con le insegnanti già da prima dell’inserimento per dare le maggiori informazioni possibili e permettere una pre conoscenza dei nuovi alunni stranieri, tutto è poi nelle mani della sensibilità, dell’empatia e dell’impegno del corpo docenti. È come se fosse sempre il primo giorno di arrivo alla scuola primaria, quando si inserisce il proprio figlio in un nuovo contesto e si pone fiducia nelle capacità delle maestre nell’accompagnarlo in questa nuova esperienza.
Ognuno voleva averlo accanto. Un po’ perché è stato presentato bene: c’era stata tutta una preparazione alla classe, in attesa che arrivasse il nuovo compagno di classe. E io l’ho visto… quando l’ho accompagnato il primo giorno in classe, appena entrati: “È arrivato A.! È arrivato A.!”. Una grandissima festa perché inaspettata! E lui era emozionatissimo…perché era inaspettata. L’hanno fatto sentire importantissimo! Poi gli hanno fatto vedere dove mettere i libri, come sistemare la cartella, come dire alcune parole. Hanno fatto sentire A. ben accolto, è stata una cosa bellissima! (intervista ad una mamma etiope raccolta nel rapporto “Misurare l’integrazione nelle classi multietniche”¹)
Decisiva nel processo integrativo è la connessione tra scuola e territorio per coinvolgere associazioni, famiglie straniere già radicate e che possano supportare i neo arrivi, comunità immigrate, risorse come mediatori da coinvolgere costantemente, formazione idonea per operatori e corpo docenti. Il fiore all’occhiello sarebbe diffondere la conoscenza delle situazioni positive e le azioni realizzate che abbiano portato a un inserimento sociale di successo, in quanto la percezione della comunità locale è molto mediata dagli organi di informazione che alimentano la paura e le ostilità. Come? Non parlando mai dell’accoglienza e della vita sociale delle città che ospitano i migranti, facendo una contronarrazione verso i risultati positivi generati dall’accoglienza diffusa e, utilizzando un noto detto italiano, “facendo di tutta l’erba un fascio”. Le persone vanno poste in una situazione di incontro, vanno messe in rete, come per i bambini andrebbe alimentata l’educazione interculturale per far scattare, in uno su un milione, qualche domanda, anche se fosse un semplice “perché?“.
In milioni hanno visto la mela cadere, ma Newton è stato quello che si è chiesto perché. ∼Bernard Baruch
L’ideale, che forse è ancora utopico, sarebbe né creare gabbie etnico culturali, creando mondi culturali autonomi ed impermeabili né fagocitando gli stranieri nella cultura italiana omologandoli e facendo loro perdere la loro unicità biografica. Il tutto dovrebbe essere a doppia via: è uno scambio, non una sostituzione. Nessuno, né lo straniero né la comunità locale dovrebbe perdere la sua identità, le sue tradizioni e le sue conoscenze. Come? Sempre attraverso la conoscenza reciproca!
[…]se proprio dobbiamo promuovere qualcosa, promuoviamo la nostra cultura, le nostre usanze e aiutiamo chi ha scelto di venire in Italia a diventare italiano […] (da una lettera dei genitori di un paese italiano ad una dirigente scolastica, riportato in “Misurare l’integrazione nelle classi multietniche”¹)
La scuola è senz’altro la linea di incontro tra immigrati e cultura della società di accoglienza e è il primo passo per ridurre l’ineguaglianza educativa e razionale, è il canale migliore per dare ai ragazzi le competenze e le conoscenze basilari per costruirsi il loro futuro nella società in cui sono approdati, senza dimenticare il loro passato.
Zena e Julie a settembre andranno alla scuola materna!
Zena e Julie sono due sorelline togolesi, di etnia Ewe, di 4 e 3 anni arrivate a maggio 2017 in Italia insieme alla loro mamma Ameou. Sono due bambine vivaci e piene di voglia di fare e giocare; a settembre saranno inserite nella scuola materna e inizieranno il loro percorso di integrazione nel tessuto scolastico.








Grazie a World Refugee Day Lecco per questi sguardi catturati!
Contestualizziamo il Togo
I migranti togolesi, secondo dati del Ministero dell’Interno, sono numericamente poco rappresentanti all’interno dei grandi flussi migratori forzati, ma questo non significa che il Togo sia un Paese senza problematiche legate alle libertà civili: infatti, è catalogato da Freedom House, un’organizzazione non governativa internazionale che conduce attività di ricerca e sensibilizzazione su democrazia, libertà politiche e diritti umani, come “non libero“.
Navigando nella storia scopriamo che il Togo non aveva i confini geografici odierni, da una iniziale colonizzazione tedesca, sotto il nome di Togoland, si passò a una spartizione colonica tra Inghilterra e Francia andando a generare il Togoland britannico e quello francese. Negli anni ’50 durante la decolonizzazione dell’Africa un referendum portò il Togoland britannico ad annettersi alla Costa d’Oro formando l’odierno stato del Ghana. Il Togoland francese divenne l’oggi da noi conosciuto Togo.
I primi due Presidenti del Togo furono rovesciati da colpi di stato militare sino a giungere nel 1967 alla presa di potere del colonnello Eyadema, che condusse il Paese per 38 anni fino al 2005 come dittatore, sospendendo la Costituzione e i partiti politici, sopprimendo la libertà di manifestazione e d’espressione. Si susseguirono, in quegli anni, varie elezioni farsa, fino ad arrivare alla morte del dittatore e alla venuta del figlio Faure Gnassingbé, l’attuale capo di stato. Le elezioni di quest’ultimo vennero pesantemente contestate dalle opposizioni e gli scontri di piazza provocarono un numero indefinito di morti insieme a migliaia di profughi che si diressero verso il Benin e il Ghana.
Ad oggi le autorità continuano a vietare le manifestazioni aggrappandosi a una legge che pone la “previa autorizzazione” come condizione necessaria allo svolgimento di raduni pacifici, a fare uso eccessivo della forza, a reprimere la liberà di espressione con arresti e detenzioni arbitrarie. È persistito un clima d’impunità per le violazioni dei diritti umani. È stato introdotto un nuovo codice penale che abolisce la tortura, ma conserva alcune disposizioni omofobe e introduce il reato di diffamazione e pubblicazione di notizie false, questo a mirare giornalisti, difensori dei diritti umani e chiunque esprimesse il suo dissenso.
Bibliografia:
- “Misurare l’integrazione nelle classi multietniche”¹. Rapporto 2012. A cura di E. Besozzi, M. Colombo e M. Santagati per Éupolis Lombardia, Regione Lombardia, Fondazione Ismu
- “La via italiana per la scuola interculturale e l’integrazione degli alunni stranieri” a cura del Ministero della Pubblica Istruzione
- “Seconde generazioni. Un’introduzione al futuro dell’immigrazione in Italia” di M. Ambrosini e S. Molina. ed. Fondazione Giovanni Agnelli
- “Gli alunni stranieri nel sistema scolastico italiano A.S. 2015/2016″². Pubblicazione MIUR – Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca
Sitografia:
- http://www.contextus.org/paesi-di-origine/schede-paesi-di-origine/togo.html
- http://www.libertaciviliimmigrazione.dlci.interno.gov.it/sites/default/files/allegati/cruscotto_statistico_giornaliero_del_30_giugno_2017.pdf
- http://www.libertaciviliimmigrazione.dlci.interno.gov.it/sites/default/files/allegati/maggio_mensile_2017.pdf
- https://it.wikipedia.org/wiki/Togoland_britannico³
- http://www.rapportoannuale.amnesty.it/2015-2016/aree/africa-subsahariana