È l’organo competente per il Riconoscimento della Protezione internazionale che ascolterà l’audizione del richiedente asilo e prenderà una decisione in merito. È composta da quattro membri: un funzionario della Prefettura come presidente, un funzionario della Polizia di Stato, un rappresentante del comune o della provincia o della regione e un rappresentante dell’UNHCR. Tutti i membri hanno diritto di voto e la decisione è adottata a maggioranza. La CT può consultare esperti su aspetti di carattere sanitario, culturale, religioso, di genere o inerenti ai minori. Il colloquio del minore, infatti, deve avvenire alla presenza di un componente con specifica formazione, alla presenza di un genitore o di un tutore, nel caso di minori non accompagnati,
Teoricamente per legge l’audizione dovrebbe svolgersi entro 30 giorni dalla presentazione della domanda e la Commissione dovrebbe decidere nei successivi tre giorni. I tempi che intercorrono tra la presentazione della domanda d’asilo, l’audizione in Commissione e l’esito della stessa, invece, possono essere soggetti a variazioni notevoli. Talvolta l’udienza può anche essere fissata anche a distanza di oltre un anno dal giorno della presentazione della domanda di asilo.
Durante l’intervista con la Commissione verranno poste delle domande relative al richiedente stesso, alla sua famiglia, al viaggio che ha compiuto per giungere in Italia, ai documenti in suo possesso, ai motivi per cui ha lasciato il suo Paese d’origine e alle ragioni per cui non può più tornarvi.
In Progetto Itaca il richiedente è supportato da operatori e professionisti della struttura di accoglienza nella preparazione del colloquio con la commissione, nel riuscire a far emergere, raccontare ed esporre la sua storia con correttezza e precisione. Vengono aiutati a mettere in linea le loro vicende e appoggiati per far si che riescano a sostenere il racconto davanti alla Commissione visti i lunghi tempi di attesa.
La Commissione può decidere di:
*dati numerici e statistici da parte della Commissione nazionale per il diritto di asilo raccolti a cura del dipartimento per le Libertà civili e l’Immigrazione
Spetta alle persone che hanno un fondato timore di essere perseguitate nel proprio Paese d’origine per motivi di razza, religione, nazionalità, opinione politica e per appartenenza ad un particolare gruppo sociale.
Il rifugiato ha gli stessi diritti di un cittadino italiano, l’unica differenza è che non ha il diritto di voto.
Spetta a quelle persone che non sono rifugiati, ma che non possono tornare nel proprio Paese perché correrebbero il rischio di subire un grave danno. Sono considerati gravi danni:
NB Il concetto di protezione sussidiaria si è reso necessario per l’esigenza di soddisfare i bisogni di protezione diversi dalle ipotesi di timore di persecuzioni individuali che danno luogo allo status di rifugiato ai sensi della Convenzione di Ginevra del 1951, con la previsione di una nuova forma di protezione internazionale “complementare e supplementare”. La protezione sussidiaria non è, dunque, una protezione di seconda categoria, ma riguarda semplicemente situazioni diverse dalla persecuzione individuale.
Spetta a quelle persone che non sono rifugiati, ma che per seri motivi, in particolare di carattere umanitario non possono tornare nel loro Paese d’origine, per esempio in occasione di conflitti, disastri naturali o altri eventi di particolare gravità in Paesi non appartenenti all’Unione Europea. Inoltre, è prevista in favore delle vittime di sfruttamento.
Dopo che la procedura d’asilo è terminata positivamente e il richiedente sia divenuto rifugiato politico, detentore di protezione sussidiaria o umanitaria deve far richiesta di Permesso di Soggiorno Elettronico (PSE) e al ritiro dello stesso gli saranno revocate le misure di accoglienza. A questo punto dovrà lasciare il centro in cui era ospite e recarsi presso nuovo domicilio o rimanere all’interno del sistema di accoglienza SPRAR per un periodo di 6 mesi se vi fossero posti disponibili. È poi possibile procedere a una richiesta di proroga nel caso di persone appartenenti alle categorie vulnerabili, mentre, sono concesse unicamente in casi eccezionali per i beneficiari di progetti di accoglienza “ordinari”.
Per questo motivo Progetto Itaca, seguendo le linee guida SPRAR, punta molto a permeare i concetti di autonomia abitativa e lavorativa, grazie ai progetti personalizzati di accoglienza ad opera di educatori, assistenti sociali, psicologi e mediatori culturali rivolti verso i richiedenti asilo politico ospitati, di modo che una volta revocate le misure d’accoglienza le persone abbiamo delle possibilità di continuare il loro percorso integrativo.
La cessazione della protezione può essere disposta quando lo straniero:
La revoca dello status può essere disposta qualora sia accertato che:
Il Regolamento Dublino definisce principalmente la competenza degli Stati nelle richieste d’asilo, è entrato in vigore nel 1999 ed è stato riformato tre volte. Il punto principale del Regolamento Dublino III, attualmente in vigore, è il principio secondo cui sono i Paesi di primo approdo a doversi far carico delle domande di protezione internazionale di chi arriva: una norma che grava in particolare sui paesi di frontiera (come Italia e Grecia).
Il principio fondamentale che regola l’accesso del richiedente asilo alle misure di accoglienza è che deve risultare “privo di mezzi sufficienti a garantire una qualità di vita adeguata per il sostentamento proprio e dei propri familiari” (art. 14, co. 1 D. Lgs. 142/15).
La valutazione sull’insufficienza dei mezzi di sussistenza è operata dalla Prefettura-UTG (art. 14, co. 3 D.Lgs. 142/15) “con riferimento all’importo annuo dell’assegno sociale“.